Serve un vero cambiamento. Una rivoluzione copernicana che metta al riparo dalle onde distruttive della demagogia i diritti e le stesse istituzioni che ne garantiscono una efficacia tutela nel nostro Paese.

Urge un processo riformatore che consenta ai Tar di essere sempre più presidi efficaci di prossimità di tutela di diritti, potenziando il personale, modificando le modalità di accesso e selezione, semplificando il disciplinare.

In premessa vogliamo sgomberare il campo dalle polemiche di questi ultimi mesi su isolate e limitate condotte di qualche magistrato: i casi di corruzione giudiziaria, una volta accertati, devono essere perseguiti secondo le regole e le garanzie del processo, non ci sono difese corporative di nessun tipo. I primi a voler che si faccia giustizia, chiarezza, pulizia, è l’Anma, la maggiore associazione del settore e, soprattutto, la comunità stessa dei togati italiani.

Ma attenzione: non possono essere pretesti per una caccia alle streghe, o per sopprimere la giustizia amministrativa. In Italia, da troppi anni, infatti, le polemiche contro i Tar si sono trasformate in attacchi all’indipendenza stessa della magistratura amministrativa, che è, ed è bene ricordarlo, l’unico presidio costituzionale per la tutela di cittadini e imprese dagli abusi della pubblica amministrazione. Veniamo da molte, troppe, campagne contro questo settore strategico del sistema giustizia senza mai affrontare i veri problemi del settore e del nostro Paese.

Tra questi, in questa sede, ne citiamo due: la giungla normativa e i conflitti generati dal rapporto con la legislazione europea. E chiaramente il combinato disposto tra questi due fattori in settori strategici come le opere pubbliche o l’ambiente.

Si prosegua sulla strada della semplificazione normativa, vero fardello della nostra competitività, ma soprattutto si potenzi la presenza sul territorio della giustizia amministrativa, perché una maggiore efficienza del sistema non è possibile prescindendo dalle risorse umane e strumentali. In questa direzione è positivo che il Governo e il Parlamento riconoscano l’esigenza di pervenire a un incremento dell’organico del personale togato e non. Un dato: i magistrati amministrativi attualmente in servizio operano con una evidente deficit di organico, nello strategico Tar Lazio ci sono 60 magistrati su 86 posti da coprire, eppure in relazione all’arretrato dei Tar assistiamo a un significativo decremento del 10 % al 31 dicembre 2017; in sostanza da 183.974 ricorsi pendenti al 31 dicembre 2017 si è passati al 31 dicembre 2018 a 165.513 ricorsi pendenti.

Una chiara testimonianza di un grande impegno dei togati.

Ma andiamo alle proposte.

Due sono le direttrici sulle quali costruire una riforma del settore: più personale, ma anche una maggiore responsabilizzazione della pubblica amministrazione.

Altro tassello, intervenire sul procedimento disciplinare, potenziandolo e razionalizzandolo, senza modificare la composizione dell’Organo di autogoverno della giustizia amministrativa, e nel rispetto della rappresentatività delle componenti magistratuali.

Una prima risposta, urgente, a fronte di casi isolati di mala praxis, o corruzione, che rischiano però di compromettere l’immagine di tutta la magistratura amministrativa.

Infine, ma premessa necessaria per questa storico processo di modernizzazione: una riforma ordinamentale che preveda un ruolo unico e un concorso unico di accesso alla giustizia amministrativa. Così da chiudere anacronistiche e superate anomalie ordinamentali interne alla giustizia amministrativa, che la distanziano ingiustificatamente dalle altre magistrature.

* presidente Anma

(Fonte IlSole24Ore online)