La normativa derivante dal PNRR, improntata alla celerità e all’efficienza per non perdere i fondi europei, non poteva che incidere anche sul processo amministrativo, finanche a paventare l’ipotesi, nel gennaio 2023, di concentrare tutte le competenze PNRR al TAR Lazio, per garantire l’unicità della giurisdizione. Questa ipotesi, poi non è confluita in un testo di legge, mantenendo inalterato il riparto di competenze di cui al c.p.a. Una delle prime norme che ha, invece, effettivamente modificato le regole del processo è l’art. 48 comma 4 d.l. n. 77/2021 che  estende l’operatività dell’art. 125 c.p.a., sulle opere strategiche, a tutti i progetti realizzati con fondi PNRR, PNC e comunque di derivazione europea, restringendo i margini di accoglimento delle misure cautelari, l’impossibilità di dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato in caso di accoglimento del ricorso e disponendo l’applicazione del rito abbreviato dell’art. 119 c.p.a. Successivamente, nel 2022, con l’art. 12 bis l. n. 208/2022, il legislatore ha inciso direttamente sui poteri del giudice, prevedendo che quando il ricorso ha ad oggetto procedure PNRR, in caso di accoglimento dell’istanza cautelare, il giudice motiva espressamente sulla compatibilità con il rispetto dei termini PNRR della misura cautelare e della data dell’udienza di merito, comunque da fissarsi alla prima udienza trascorsi 30 giorni. Questa norma ribadisce l’applicazione del rito di cui all’art. 119 c.p.a. ed individua le parti necessarie del processo nelle amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR. Combinando l’art. 48 c. 4 e l’art. 12 bis ne deriva che per le opere PNRR e collegate se per accogliere la misura cautelare serve una motivazione approfondita, in caso di rigetto della stessa e stipula del contratto, l’unico rimedio è il risarcimento del danno. Proprio sulla motivazione, il legislatore attribuisce al giudice una responsabilità eccessiva nel dover giustificare un accoglimento cautelare in rapporto al rispetto delle tempistiche previste per realizzare l’opera PNRR. Una motivazione che si trasforma in una vera e propria mission impossible considerando che avviene in fase cautelare, alla luce di una verifica formale dell’impugnativa e senza gli approfondimenti della fase di merito. Una motivazione così approfondita da indurre a respingere piuttosto che accogliere il cautelare, nella paura che eventuali appelli o richieste di parte possano allungare un processo amministrativo, invero molto veloce. Eppure, il giudice non dovrebbe preoccuparsi degli effetti dei processi sulla realizzazione dell’opera, dovendo giudicare la legittimità o meno dell’agire amministrativo. Anche perché il principio del risultato non può premiare la velocità ed ammettere il rischio che in fase esecutiva le carenze degli aggiudicatari si trasformino in difetti dell’esecuzione.  Quanto alla tematica del risarcimento essa è confermata ed arricchita nel d.lgs. n. 36/2023, agli artt. 5 e 209 che introducono varie modifiche agli artt. 120 e 124 c.p.a. allo scopo di evitare la declaratoria di inefficacia del contratto, l’interruzione delle procedure e il riconoscimento di risarcimenti a carico della sola Amministrazione. E difatti, viene introdotta l’azione di rivalsa della stazione appaltante nei confronti dell’operatore che ha conseguito illegittimamente l’aggiudicazione, per cause a lui imputabili. Insomma, le novità introdotte dal 2021 ad oggi disegnano uno scenario in cui la velocità è il mantra che deve essere seguito nella giustizia amministrativa per garantire la realizzazione delle opere PNRR. Tuttavia, questa celerità imposta dal legislatore rischia di sacrificare la legalità, sempre più relegata ad un postumo giudizio risarcitorio, unico rimedio agli errori amministrativi. Proprio in relazione a ciò, sulla scorta dei principi di buona fede e risultato, bisognerebbe ripensare la disciplina del risarcimento del danno. Finora, l’indirizzo prevalente dei giudici è quello di evitare la condanna delle Amministrazioni a risarcire, anche indotti dal pensiero che l’Amministrazione pubblica agisce per la collettività. Tuttavia, ora che il legislatore ha introdotto l’azione di rivalsa, bisognerebbe riflettere sul ruolo del risarcimento, considerandolo non solo una forma di compensazione dell’errore, ma soprattutto un monito per garantire la serietà dell’azione ammnistrativa. Se, infatti, fino ad ora il risarcimento era visto solo come una possibilità remota, non venendo quasi mai riconosciuto, ora che il legislatore lo eleva ad unico rimedio effettivo per gli operatori non aggiudicatari, bisogna far sì che i giudici lo riconoscano e di conseguenza che le Amministrazioni e gli operatori economici lo percepiscano come minaccia reale al loro agire errato.  

di Daniela Anselmi, avvocato, fondatrice dello studio Anselmi&Associati, presidente Associazione Avvocati Amministrativisti Liguri  e vice presidente Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti