Fa discutere il rapporto fra amministrazione pubblica impegnata nella difficile missione di realizzare gli obiettivi del PNRR e la giustizia amministrativa e contabile. Al centro della scena politica per giorni c’è stata l’abrogazione delle norme sul controllo concomitante della Corte dei Conti sulle attività volte alla realizzazione del PNRR e, soprattutto, la reintroduzione dello scudo per la responsabilità erariale. Questioni controverse – riguardanti l’Atto Camera 1114 avente ad oggetto la conversione del dl n. 44 del 2023 e segnatamente l’emendamento 1.83 del Governo con il quale è stata introdotta – unitamente alla proroga del cosiddetto « scudo contabile », adottata nel corso dell’emergenza pandemica – l’esclusione del controllo concomitante della Corte dei conti sulla regolarità gestionale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale complementare (PNC). Il controllo concomitante è previsto dall’articolo 22 della legge 11 settembre 2020 n. 120 che viene modificato da questo emendamento: “La Corte dei conti, anche a richiesta del Governo e delle competenti Commissioni parlamentari, svolge il controllo concomitante di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 4 marzo 2009, n. 15, sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale” il Parlamento introduce in sede di conversione del dl : “ad esclusione di quelli previsti o finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Questioni sulle quali è lecito discutere e che – ad avviso di chi scrive – dovrebbero essere approfondite in sede politica senza timore di esprimere dissensi o perplessità perché una opposizione motivata serena e ragionata fa sempre bene a chi esercita funzioni di Governo. La discussione c’è stata ma molto contratta ed il Governo ieri ha posto la questione di fiducia, il testo della legge di conversione è stato approvato ed ora passa al Senato in forma “blindata”. Possiamo quindi fare una prima valutazione. Sul metodo: porre la questione di fiducia è una prerogativa del Governo ma l’iter legis è stato tale da non garantire – purtroppo è prassi ricorrente fatta oggetto di richiami in passato anche da parte di Presidenti della Repubblica che hanno riguardato i c.d. maxiemendamenti con articolo unico – una discussione adeguata ad una riforma istituzionale ed un’ampia messa a fuoco dei problemi. Ciò premesso si continua non da oggi (ma non solo da parte di questo Governo perché chi è senza peccato scagli la prima pietra) a legiferare per decreto- legge ed a porre – quando le discussioni si fanno aspre – questioni di fiducia. Non proprio un segno di salute della democrazia parlamentare. Nel merito poi vanno fatti alcuni rilievi. Circa il primo argomento di interesse della magistratura oggetto del provvedimento  – quello del controllo concomitante – siamo di fronte ad una scelta legislativa discrezionale del Governo e del Parlamento (innescata tuttavia da concreti atti, le delibere 17 e 18 del 2023, che contenevano riferimenti al mancato conseguimento di un milestone del piano considerato troppo tranchant ed anticipatore di un giudizio non ancora formulato in sede europea) mentre sul secondo argomento oggetto del provvedimento le limitazioni alla responsabilità possono suscitare più di qualche ragionevole perplessità, perché la reiterazione degli “scudi” o “esenzioni” di responsabilità ( non certo novità introdotta dal Governo in carica ma peccato – per dir così –  piuttosto ricorrente anche in passato ) è destinata a sollevare dubbi di costituzionalità per un possibile contrasto con il valore del buon andamento e per la violazione delle funzioni costituzionalmente ed ordinariamente affidate ai giudici contabili. Non è facile la riconduzione dell’intera materia del PNRR all’emergenza per la vastità della pianificata ricostruzione. Certo il controllo concomitante può avere una sua utilità indubbia ed è discutibile rinunciarci così affrettatamente ma esso – per la delicatezza degli odierni rapporti fra Stato italiano ed UE proprio in merito al monitoraggio sul PNRR – avrebbe forse dovuto essere esercitato con espressioni meno perentorie che, senza nulla nascondere della realtà, non innescassero allarme in sede europea, dando per accertato il mancato conseguimento di un milestone. Qui deve osservarsi che la compresenza di funzioni di controllo e funzioni giurisdizionali nella magistratura amministrativa richiede la costante attenzione ad una cultura della consulenza e del controllo collaborativo ed il costante sviluppo di tale cultura che può condurre ad un rafforzamento del buon andamento solo a condizione di non far tornare sulla scena troppo immediatamente la questione della responsabilità. Difficile equilibrio. Certo la responsabilità amministrativo contabile se avessimo una legislazione meno complessa dovrebbe essere costituzionalmente ancorata alla colpa grave ma la tendenza a innescarla solo in presenza di condotte dolose è figlia della presenza – non rimediabile in un attimo – di un ordinamento slabbrato. In conclusione se il tema dei controlli è cruciale per la legittimità delle scelte, occorre non farne oggetto di una guerra di religione ( ed opportunamente si è previsto un Tavolo di confronto inter-istituzionale Governo Corte dei Conti nel quale far maturare scelte più meditate )  poiché il Paese sul terreno dell’attuazione del PNRR rischia molto come si è avuto occasione di affermare in tutti gli interventi dottrinali che hanno analizzato la nuova disciplina di intervento dell’amministrazione. Il problema principale rimane suscitare attorno al PNRR – riformulato – una visione politica del futuro del Paese. Se si crederà in un modello di sviluppo, in un insieme di valori sottostanti agli investimenti da effettuare, se si restaurerà la fiducia nella capacità del piano di dare segnali di rinascita del Paese, di ridurre le disuguaglianze di classe, generazionali, di genere e territoriali allora le energie morali saranno la migliore garanzia per il rispetto della legalità e la buona spendita del pubblico danaro. La corsa all’aggiudicazione delle risorse da parte degli enti locali (enti che hanno diversissima dimensione e capacità e quindi non corrono alle stesse condizioni quando partecipano ai bandi ) e la polverizzazione degli interventi non sono un buon viatico per il successo del piano. Questo è un fronte evidente nell’esperienza giudiziaria quotidiana dei Tar e del Consiglio di Stato impegnati a rispettare le tempistiche dei riti speciali per dare certezza del diritto alle vicende amministrative del PNRR finite in contenzioso. Così anche le inerzie su sanità e scuola non sono un buon segnale ed i ritardi vanno recuperati. Meglio vanno gli investimenti delle grandi imprese pubbliche rimaste dopo le privatizzazioni e la prevista infrastrutturazione ferroviaria. Sul tema ci sono le lucide osservazioni di Gianfranco Viesti che meritano una lettura attenta ( G. Viesti Riuscirà il PNRR a rilanciare l’Italia? Roma,2023 ) specie quando denunciano la mancanza di una visione nazionale del piano e le difficoltà nel coordinamento delle regioni. E’ importante avere una costante azione di indirizzo politico nel guidare tutti i soggetti coinvolti , perché la complessità del piano ( fatto di ben 527 obiettivi  cfr.Viesti pag. 111 ) rende indispensabile una guida sicura.E questo sarà il compito della politica. Sui Pnrr si accendono anche i riflettori dell’Agenzia antifrode dell’Unione europea. E’ notizia di oggi. L’Autorità ha annunciato ieri di aver aperto «una serie di indagini» sulla gestione dei fondi dei Piani nazionali di «alcuni Paesi membri», senza indicare però la lista degli Stati interessati. La classifica dei Paesi è stata invece precisata per quel che riguarda il ventaglio delle inchieste concluse nel corso del 2022; e vede l’Italia al secondo posto nel panorama dell’Unione con 10 indagini che in nove casi si sono concluse con raccomandazioni specifiche alle autorità nazionali competenti. Il dato sulle raccomandazioni pareggia quello dell’Ungheria, che invece è primatista continentale per il numero complessivo di indagini con 15 procedure chiuse lo scorso anno. Le inchieste legate al Pnrr, si diceva, non indicano esplicitamente vicende italiane, anche se il peso del Pnrr di Roma (con la terza rata in arrivo totalizzerà il 60% dei fondi Ngeu distribuiti fin qui nell’Unione) lo rende protagonista sulla scena comunitaria. E va aggiunto che gli eventuali «casi specifici» passati al setaccio dall’Agenzia antifrode nulla c’entrano sul piano tecnico con le nuove norme sui controlli della Corte dei conti: perché le frodi presuppongono il dolo, che resta escluso dallo scudo erariale relativo alla colpa grave prorogato con la legge di conversione del decreto Pa oggetto il 6 giugno di un voto di fiducia, e interessano prima di tutto le Procure della Repubblica. L’UE quindi sembra andare in direzione opposta a quella del Governo ma non è realmente così perché i controlli antifrode hanno una diversa natura rispetto ai controlli collaborativi della magistratura contabile e lo scudo non copre certo (e ci mancherebbe altro ) le condotte dolose.. In conclusione: occorre tenere i controlli sempre attivi perché non è da essi che deriva la paralisi. La paralisi deriva da malfunzionamenti della pa che occorre superare con una accorta e determinata azione di indirizzo politico che è interesse di tutti sostenere. Viene dal Commissario Gentiloni il giusto invito a non vivere il piano come una medicina amara ma come una enorme opportunità. Si tratta di uno spirito di concordia che occorre recuperare. Ce la dobbiamo fare.

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1 Così si esprime la delibera n. 17 /2023 CCC : “Il Ministero non ha soprattutto conseguito la milestone europea al 31.3.2023 M2C2- 14, considerato che risultano ammesse a contributo n. 35 proposte progettuali (- 12,5% rispetto all’obiettivo minimo pari a n. 40 proposte), per un importo totale pari a € 101.887.831,50 (44% delle risorse potenzialmente erogabili, pari a € 230.000.000); al riguardo, non può parlarsi di “parziale conseguimento” della milestone europea, considerato che l’obiettivo minimo (aggiudicazione di appalti per lo sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento) non è stato raggiunto e tenuto conto del carattere “performance based” del meccanismo di rimborso dei progetti finanziati dal PNRR. Lo Stato italiano ha dunque, allo stato attuale, limitatamente sfruttato le consistenti risorse messe a disposizione dall’UE per realizzare una prima rete di stazioni di rifornimento ad idrogeno nel territorio nazionale, non essendo stata utilizzata, al 31.3.2023, una rilevante parte del contributo finanziario previsto. Al riguardo si evidenzia quanto disposto dall’art. 24, commi 6 e 8, del Regolamento 2021/241/UE, secondo cui “Se, a seguito della valutazione di cui al paragrafo 5, la Commissione accerta che i traguardi e gli obiettivi indicati nella decisione di esecuzione del Consiglio di cui all’articolo 20, paragrafo 1, non sono stati conseguiti in misura soddisfacente, il pagamento della totalità o di parte del contributo finanziario e, ove applicabile, del prestito è sospeso. Lo Stato membro interessato può presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese dalla comunicazione della valutazione della Commissione. La sospensione è revocata solamente quando lo Stato membro interessato ha adottato le misure necessarie per garantire un conseguimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi che figurano nella decisione di esecuzione del Consiglio di cui all’articolo 20, paragrafo 1[…]. Se lo Stato membro interessato non ha adottato le misure necessarie entro un periodo di sei mesi dalla sospensione, la Commissione riduce proporzionalmente l’importo del contributo finanziario e, ove applicabile, del prestito dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni entro un termine di due mesi dalla comunicazione delle sue conclusioni”. Sul mancato conseguimento della milestone europea si ritiene che possano aver contribuito in primo luogo la mancata pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ovvero la mancanza di altre forme idonee di pubblicità, tenuto conto che nell’avviso si è previsto, come detto, che potessero essere destinatari delle risorse anche operatori economici non stabiliti in Italia ma in altro Stato Membro. Il Collegio ritiene, dunque, che la pubblicazione dell’avviso nel solo sito internet del Ministero non ne abbia consentito un’opportuna diffusione; sul punto, come detto, il Ministero non ha fornito chiarimenti. In secondo luogo, pur tenendo conto che la copertura dei costi ammissibili in misura superiore a quella prevista nell’avviso pubblico, ai sensi dell’art. 36-bis citato, costituisca una mera possibilità e che, come affermato dal Ministero, “una percentuale di contribuzione superiore al 50% avrebbe potuto indurre la partecipazione alla selezione anche di operatori non fortemente interessati all’iniziativa”, il Collegio rileva che l’aver limitato l’intensità di aiuto al 50% dei costi ammissibili, non sfruttando a pieno la facoltà concessa dal citato Regolamento europeo (fino al 100% dei costi ammissibili), può aver influito sull’attrattività dell’avviso pubblico, non incentivando a sufficienza la partecipazione di eventuali operatori economici interessati all’investimento. Il Collegio ritiene altresì che tali criticità, alla luce del loro impatto sul mancato conseguimento della milestone europea, per l’importanza rivestita dalla stessa, e del concreto rischio di riduzione del contributo finanziario messo a disposizione dall’UE, all’esito del procedimento di cui al citato art. 24 del Regolamento n. 2021/241/UE, possano essere qualificabili quali “gravi irregolarità gestionali” ai sensi dell’art. 22 del d.l. n. 76/2020, ai fini della responsabilità dirigenziale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, rimettendo all’Amministrazione la concreta individuazione dei dirigenti responsabili delle stesse e l’adozione delle relative procedure previste dall’ordinamento, tenuto conto che la norma citata delimita i poteri della Corte dei conti, in sede di controllo concomitante, all’accertamento delle gravi irregolarità gestionali suddette, mentre la responsabilità dirigenziale, ai sensi dell’art. 33, comma 2, del vigente CCNL relativo al personale dell’area Funzioni centrali, “è accertata secondo le procedure e mediante gli organismi previsti nell’ambito del sistema di valutazione delle amministrazioni, nel rispetto della normativa vigente”. Il Collegio ritiene altresì di raccomandare la prosecuzione delle interlocuzioni avviate con l’UE, al fine di definire lo sviluppo futuro dell’investimento (riduzione del target quantitativo e contestuale rimodulazione delle risorse finanziarie allocate ovvero pubblicazione di un nuovo bando per la realizzazione di un numero almeno pari a n. 5 stazioni di rifornimento)”, pur tenendo conto che allo stato attuale, successivo alla scadenza della milestone europea del 31.3.2023, tali interlocuzioni non sono state ancora riscontrate ufficialmente dall’UE.” La delibera n. 18/2023 CCC contiene rilievi meno significativi in diritto ed accerta alcuni ritardi imputabili all’amministrazione.

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Di Giancarlo Montedoro, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, docente di Diritto pubblico dell’economia alla Luiss Guido Carli.